Recentemente molto si è parlato dell’avvenuta regolamentazione delle “unioni civili” fra omosessuali, lasciandosi sullo sfondo la disciplina delle “convivenze di fatto” tra persone dello stesso sesso o di sesso opposto.

coppia

Anch’esse disciplinate dalla legge Cirinnà, tali convivenze permettono a coloro che scelgano di proseguire nel loro rapporto affettivo senza arrivare all’altare (o ad un tavolo del municipio) di godere di alcuni dei diritti tipicamente propri delle coppie sposate, e nello specifico:

a) del diritto di visita al compagno detenuto in carcere o ricoverato in ospedale, compresa in tal caso la possibilità di assistenza e di accesso alle informazioni personali del paziente;

b) del diritto di nominare il convivente – o di essere da lui nominato – quale rappresentante con poteri pieni o limitati in questioni di salute, di donazione organi e di disposizioni funerarie;

c) del diritto di essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno del partner;

d) del diritto di abitare, in caso di morte del compagno, nella casa di comune residenza per un periodo minimo di due anni (che divengono tre in presenza di figli del convivente ancora vivo minori o disabili), ovvero di subentrare nel contratto di locazione anche in caso di recesso;

e) del diritto di usufruire della preferenza per “nucleo familiare” nella graduatoria per ottenere un alloggio popolare;

f) del diritto di partecipare agli utili dell’impresa familiare del convivente qualora vi si presti stabilmente la propria opera in assenza di un rapporto di società o di lavoro subordinato;

g) del diritto di ottenere, in caso di morte del convivente per fatto illecito altrui (es: sinistro), un risarcimento del danno così come calcolato per il coniuge;

Inoltre, è previsto che in caso di separazione possano essere riconosciuti all’ex convivente bisognoso gli alimenti, i quali saranno dovuti per un periodo di tempo proporzionale alla durata della convivenza, e per un importo quantificato alla luce della concreta condizione economica delle parti.

La L. 76 concede poi ai soggetti di disciplinare i propri rapporti patrimoniali con un “contratto di convivenza”, da predisporsi in forma pubblica o di scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato.

Tale atto, da trasmettersi immediatamente al Comune, potrà specificare le modalità di contribuzione di ciascuno alle necessità di vita comune in relazione alle proprie sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo, nonché attivare il regime di comunione dei beni tra i conviventi. La regolamentazione verrà meno in caso di comune decisione, di recesso unilaterale, di morte o di successiva matrimonio o unione civile.

Ufficializzare la propria convivenza è semplice: è sufficiente che entrambi gli interessati maggiorenni rendano un’autodichiarazione al Comune di residenza precisando la sussistenza del vincolo affettivo, l’assenza di legami di parentela, ed il titolo (proprietà, locazione, comodato) per il quale dispongono dell’immobile abitativo.

Sarà l’ufficio anagrafe a provvedere alla registrazione della “convivenza di fatto”, che verrà meno in caso di cessazione della coabitazione, di matrimonio o di unione civile, o (su richiesta anche unilaterale) qualora manchi il legame affettivo che ne è alla base.

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