Merita sanzione chiunque, in dubbio sull’aver causato un incidente con danno alle persone, non si fermi a controllare e a prestare la dovuta assistenza.

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23572 dello scorso 12 maggio, torna a pronunciarsi su un tema purtroppo di recente attualità.

Il caso è quello di una donna che, imboccata con la sua vettura una rotonda, investe un ciclista senza fermarsi a prestare soccorso. A motivazione di ciò, la conducente sostiene di non aver avuto consapevolezza del sinistro.

Nell’occasione, la Corte ribadisce che perché la violazione dell’art. 189 C.d.S. si perfezioni è sufficiente che “l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato” e dunque, in caso di sinistro, che l’automobilista scelga di non fermarsi a verificare di aver causato o meno un incidente con danno alle persone.

Il mancato arresto del veicolo e la conseguente mancata assistenza ai feriti (puniti rispettivamente con reclusione da 6 mesi a 3 anni e sospensione della patente da 1 a 3 anni, e con reclusione da 1 a 3 anni e sospensione da 1 anno e 6 mesi a 5 anni) configurano infatti illecito penale non solo in caso di stretta volontarietà della condotta del guidatore che, del tutto consapevolmente, decida di proseguire, ma anche in caso di suo “dolo eventuale”.

Secondo la giurisprudenza, tale atteggiamento soggettivo si configura in ogni caso si riscontrino elementi tali da “evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall’incidente sia derivato danno alle persone“, eventualità questa che non può che essere percepita anche da colui che, ciò nonostante, abbia consapevolmente  scelto di non fermarsi.

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