Lo scorso 4 novembre anche il nostro Paese ha autorizzato con L. 204/2016 la ratifica dell’Accordo di Parigi, collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite adottata a New York nel 1992 con riguardo ai cambiamenti climatici sulla Terra.

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L’Accordo di Parigi, firmato il 12 dicembre del 2015 da 195 Stati, intende scongiurare futuri cambiamenti climatici pericolosi per l’ambiente e per gli esseri umani, comunque limitandone l’impatto.

Per il suo tramite, gli Stati si impegnano a limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 1,5/2°C rispetto al livello pre-industriale, smettendo di incrementare le emissioni di gas serra e facendo sì che, con il tempo, i livelli del gas siano tali da poter essere riassorbiti naturalmente. Inoltre, i Paesi aderenti si impegnano a rendere ogni società capace di reagire alle eventuali modifiche climatiche che dovessero presentarsi.

In un’ottica di massima responsabilità e trasparenza, i Governi avranno l’obbligo di riunirsi ogni 5 anni per fare il punto della situazione, valutando i propri risultati e rivedendo obiettivi e strategie alla luce delle più recenti conoscenze scientifiche.

Ciò che molti scienziati e associazioni ambientaliste individuano come limite al progetto è però l’omessa previsione di tempi e regole stringenti per il raggiungimento degli obiettivi, nonché di sanzioni per il mancato raggiungimento delle finalità prefissate.

Altra difficoltà alla realizzazione dell’accordo consegue alla povertà di alcuni Stati, oggettivamente incapaci di dotarsi di tecnologia “pulita”: affinché anche tali Paesi possano proseguire nella loro crescita economico-industriale attraverso impianti meno inquinanti, e dunque richiesto ai Paesi sviluppati di finanziare il progetto.

L’Italia, dal canto suo, con L. 204/2016, stanzia un contributo di 50 milioni di Euro l’anno, per il 2016, 2017 e 2018, a favore del “Green Climate Fund“, fondo istituito con l’accordo di Copenaghen del 2009 proprio per aiutare i Paesi più deboli a progredire nel loro sviluppo senza per forza aumentare le emissioni, anche adattandosi ai cambiamenti climatici oramai inevitabili.

In definitiva, l’accordo di Parigi apre innegabilmente la strada alle tecnologie pulite come unica fonte energetica, lasciando purtroppo incerti sia i tempi che l’effettività di riuscita dell’ambizioso progetto a livello mondiale.

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