Il coniuge debole ha diritto a mantenere lo stesso tenore di vita goduto con l’ex.

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Secondo la Cassazione (sent. n. 21082/17), al trauma conseguito alla fine di un amore non deve aggiungersi quello derivante dalla perdita degli agi di cui si disponeva in costanza di matrimonio.

A pochi mesi dalla storica pronuncia n. 111504/17, la Corte torna a trattare degli aspetti patrimoniali legati alla cessazione del rapporto precisando che separazione e divorzio sono due istituti differenti, che comportano diversi effetti.

Se il divorzio estingue il vincolo coniugale, la separazione non cancella infatti il dovere di solidarietà esistente fra marito e moglie.

E’ da queste basi che la Corte puntualizza che, nonostante le conclusioni riportate nella sentenza depositata lo scorso maggio, in fase di separazione il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio rimane parametro su calcolare il quantum del mantenimento.

In altri termini, se al venir meno del vincolo i giudici riconoscono all’ex non economicamente auto-sufficiente il diritto ad essere mantenuto, negandogli quello ad arricchirsi, fino ad allora il coniuge debole potrà invece godere proprio di quel tenore di vita per lui fruibile soltanto perché sposato.

Se così è, al partner benestante converrà affrettare i tempi per ottenere il definitivo divorzio, mentre a quello più debole converrà mantenere il più possibile lo status di separato.

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