All’ex coniuge va garantita l’indipendenza economica, ma l’autonoma decisione di lasciare il lavoro non comporta la riquantificazione dell’assegno.

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Con sentenza n. 3015/18, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’assegno di divorzio deve garantire all’ex coniuge più debole l’indipendenza economica, e non invece il medesimo tenore di vita mantenuto durante il matrimonio.

Secondo la giurisprudenza, infatti, ciò che conta è che entrambi i partner separati continuino a condurre, nell’attualità del rispettivo contesto sociale, una vita che superi la soglia di “pura sopravvivenza” senza eccedere il “livello di normalità”.

Soltanto nel caso in cui uno dei due non riesca a condurre, sulla scorta di mezzi propri, un’esistenza dignitosa, maturerà dunque il diritto all’assegno.

E’ su queste premesse che la Suprema Corte respinge il ricorso di una donna richiedente, in virtù dell’addotto aggravarsi della sua condizione, l’aumento dell’importo mensile già riconosciutole.

Secondo i Giudici, l’autonoma scelta di optare dapprima per un rapporto di lavoro part time, successivamente rinunciando del tutto all’occupazione, non può infatti influire sulla quantificazione dell’obbligo in capo all’ex coniuge.

In ambito all’assegnazione della casa coniugale, inoltre, la sentenza ha infine precisato che la decisione deve essere sì ispirata all’interesse dei figli, i quali hanno diritto a restare nell’ambiente in cui sono cresciuti, ma soltanto qualora essi siano minori o maggiorenni non economicamente sufficienti. Con maggiore età e autonomia, infatti, i ragazzi perdono ogni esigenza di speciale protezione.

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