Confermata la reclusione per chi imbratta immobili o mezzi di trasporto.

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Non comporta alcuna illegittimità la mancata depenalizzazione del reato che punisce con la reclusione i “writers” che imbrattino palazzi o veicoli.

A confermarlo è la Corte Costituzionale che, con la recente pronuncia n. 102/18, ha dichiarato inammissibile la questione sottoposta per la quale sarebbe illegittima la differenza tra il trattamento sanzionatorio previsto nel caso di graffiti realizzati – per ipotesi – su muri o treni e quello vigente nei confronti di chi si macchi di un danneggiamento cosiddetto “semplice” e dunque meno “artistico”.

La questione si pone a seguito della depenalizzazione dell’art. 635 c.p., e dunque dell’eliminazione della previsione del carcere per chi danneggi, senza minaccia o violenza, un bene durante una manifestazione in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero interrompendo un servizio pubblico o di pubblica necessità (sempre che il bene danneggiato non rientri nell’elenco di cui all’art. 635 cp).

Secondo alcuni, infatti, tale riforma avrebbe comportato un trattamento peggiore per i “writers”, puniti ai sensi di una disposizione (l’art. 639 c.p.) esclusa dalla depenalizzazione.

Secondo i Giudici però non v’è alcuna disparità nella prescrizione, posto che a tutt’oggi anche l’art. 635 cp prevede il carcere per chi imbratti, danneggi, rovini edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto,  cose di interesse storico o artistico, immobili compresi nel perimetro dei centri storici o i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento siano in corso o risultino ultimati.

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