Non tutte le mansioni permettono il lavoro “agile”

smart working

 

Non sempre i lavoratori, nemmeno se con figli minori di 14 anni, possono svolgere le proprie mansioni in smart working.

E’ quanto ha affermato in questi giorni il Tribunale Mantova, chiamato a valutare il ricorso di un dipendente privato che, dopo essere stato collocato in ferie per un mese e successivamente in cassa integrazione, veniva chiamato a lavorare in sede a giorni alterni.

Egli, con il procedimento appena deciso, chiedeva al giudice un provvedimento d’urgenza che imponesse al datore di lavoro di permettergli di lavorare da casa, anche per poter accudire la figlia  di 12 anni.

Secondo il Tribunale, dall’emergenza COVID non si origina però, in automatico, alcun diritto al lavoro agile. Ben possono esistere, infatti, attività che non si prestano a tale modalità, che il datore di lavoro non solo può ma anche deve far svolgere in sede o in trasferta, ma comunque in presenza fisica. Ciò anche nel caso in cui tali esse siano eccezionali e non uniche e costanti nel lavoro. Nel caso deciso, ad esempio, il lavoratore, occupato in una multinazionale che gestisce parcheggi ed aree di sosta in tutt’Italia, si è stabilito debba presenziare fisicamente in quanto incaricato anche di eventuali interventi manutentivi urgenti in loco, nonché perché responsabile della sicurezza dei lavoratori.

Nemmeno la potestà di un minore basta, di per sé, ad autorizzare il lavoro da casa, tanto più se l’altro genitore svolge già la propria attività in modalità “agile”.

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