Il messaggio whatsapp prova il credito.
Una signora vendeva due chihuahua per 700 euro l’uno, consegnandoli a fronte di un acconto di 200 euro.
Degli altri 1.200 neanche l’ombra.
Iniziavano i solleciti di pagamento al nuovo padrone, che seguivano a messaggi whatsapp precedenti l’operazione con i quali le parti si accordavano.
Ancora nulla.
Ecco che la signora si rivolgeva a un legale che, nuovamente diffidato l’acquirente, procedeva per la riscossione coatta del credito che riteneva adeguatamente dimostrato anche tramite la sola corrispondenza a mezzo cellulare.
Il Giudice gli dava ragione.
Chiamato a pronunciarsi sulla legittimità della pretesa, infatti, il GdP di Latina confermava della stessa si potesse dar prova anche solo producendo integralmente i messaggi whatsapp (et similia) scambiati fra le parti, così emettendo decreto ingiuntivo.
La pronuncia conferma dunque ancora una volta che anche la più semplice messaggistica telefonica può formare prova scritta del credito ai sensi dell’art. 633 co. 1 n. 1 c.p.c.
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