Può commettere reato di maltrattamento chiunque, anche solo stando a guardare.

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Una cagnolina bull terrier veniva lasciata sola, legata a una catena di 1,20 mt, senz’acqua né ombra.

Veniva ritrovata dalle guardie ecozoofile denutrita, con piaghe e dermatiti dovute all’impossibilità di movimento e con ferite infette al muso dove era chiaro venisse ripetutamente colpita con un bastone.

La proprietaria e il compagno venivano denunciati.

Ne conseguiva la condanna per il reato di cui all’art. 544 ter c.p. che prevede che “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro

Impugnava la decisione l’uomo che, punito con 5.000 € di multa, negava di essere gravato di alcun obbligo di tutela, garanzia e/o cura verso un animale che non gli apparteneva. Non sarebbe cioè spettato a lui ma alla compagna, diceva, il compito di garantire alla cagnolina l’adeguato benessere psico-fisico.

Di diverso avviso la Suprema Corte che, evidenziato come il reato di maltrattamento possa essere commesso da “chiunque” e non solo dal formale titolare della bestiola, riteneva ben possibile una colpevolezza del non proprietario il quale, nel caso concreto, cagionava all’animale sofferenze certamente contrarie alla sua natura, e ciò non tanto per non aver imposto alla compagna di prendersene cura, ma per aver tento egli stesso una condotta (per alcuni aspetti attiva e per altri omissiva) oggettivamente maltrattante e soggettivamente consapevole e volontaria.

Il cane era infatti legato nel giardino dell’uomo, e veniva anche da questi bastonato e abbandonato a sé stesso, senza cibo, pulizia, né possibilità di movimento. Situazione questa da stigmatizzare e da punire con fermezza.

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