Approvato alla Camera il disegno di legge sul fine vita.

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Un passo è stato fatto verso la legittimazione del suicidio assistito nel nostro Paese. Secondo il progetto appena avallato, i pazienti affetti da una patologia con evoluzione inarrestabile e prognosi infausta dovrebbero infatti essere lasciati liberi di scegliere se evitare inutili e inumane sofferenze, concludendo la vita in maniera dignitosa.

Stando al ddl, legittimati a tale scelta sarebbero i pazienti maggiorenni, capaci di intendere e volere, e che lamentino sofferenze fisiche e psicologiche per loro intollerabili. Essi dovrebbero aver rifiutato o interrotto le cure palliative e soprattutto aver chiare la loro condizione medica, le possibili alternative al “suicidio” e le conseguenze e implicazioni delle loro decisioni.

Il percorso di suicidio assistito, la cui legittimazione passa ora al vaglio del senato, si differenzia dall’eutanasia in quanto prescinde da un intervento medico attivo diretto a provocare la morte, essendo il paziente a assumere autonomamente il farmaco per lui letale.

Sulla possibilità di ammettere nel nostro ordinamento l’eutanasia si è di recente pronunciata a Corte Costituzionale che, con pronuncia sfavorevole, ha ritenuto che una abrogazione, anche parziale, della norma sull’omicidio del consenziente inciderebbe, impedendola, sulla tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana,  con particolare riferimento alle persone più deboli e vulnerabili.

Naturalmente il progetto di legge sul suicidio assistito, che ora proseguirà il suo percorso in Senato, prevede invece la non punibilità per il personale sanitario e amministrativo coinvolto nell’iter, posto che nessuno degli operatori potrà essere accusato di aver istigato/aiutato nel suicidio il paziente o di non averlo soccorso.

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